Karen Thomas è in un gran momento. I quadri che ha composto per la mostra nel Castello dì Santa Severa sono splendidi. Come obbedendo a una nuova urgenza creativa, la pittrice neo-espressionista tedesca ha impresso una svolta alla sua pittura. Ha ridefinito un po' tutto: i colori, la luce, la forma, lo stile, i motivi ispiratori. Ha rimesso a fuoco, per cosi dire, il proprio campo visivo, la sfera della propria percettività, i mezzi con cui si esprime, la stessa idea di pittura. Ha compiuto un passo decisivo verso l'astrazione. Una metamorfosi, se non una mutazione artistica.
La svolta non è dovuta al capriccio, nè ad un brusco cambiamento di umore, nè ad una crisi repentina, ma piuttosto alla tensione verso la piena realizzazione di sè che ne connota la personalità di artista e di donna. E questa tensione che la induce a rimettere in gioco il suo passato, al fine di attingere esiti più alti e sicuri, possibilmente il vertice della sua potenzialità espressiva.
Oltre l'immagine: ossia avanzare, superare, scoprire un nuovo spazio, un nuovo modo di dipingere, un nuovo orizzonte mentale, al di là della forma apparente dei corpi, delle figure e degli oggetti, quale veniva e viene rappresentata in gran parte dell'arte antica e moderna. Un traguardo ambizioso, lo stesso che si era proposto Kandinskij allorchè aveva bandito dalla tela l’"oggetto" che, ostacolava la purezza della creazione astratta. Sull’esempio del fondatore di Der Blaue Reiter (Il Cavaliere Azzurro), uno dei suoi primi grandi maestri sin da quando studiava in Germania l'Espressionismo, Karen Thomas si è prefissa di escludere dalla tela, con un processo psicologico, emozionale e artistico suo proprio, l’immagine.
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Verso l’astrazione.
In parecchi dei suoi nuovi quadri l'immagine scompare, per cedere il posto a stesure di colori in splendido contrasto, verso l’astrazione pura. Colori primari, nella loro valenza fisica e psicologica. In altri quadri l'immagine non viene cancellata, ma subisce una drastica riduzione, si scarnisce, si dematerializza, acquistando a un tempo forza e leggerezza. Segni scuri rapidi e fulminei delineano i volti senza lineamenti di figure informi che si stagliano nel colore con una plasticità scultorea, con una potenza concisa e enigmatica. Le figure si trasformano in una sorta di fantasmi che si cercano ciecamente nello spazio pittorico come in un'atmosfera da limbo. L’immagine sopravvive, ma come l'impronta, l'archetipo di se stessa, come una traccia destinata a dissolversi sotto il flusso magico dei colori.
![]() (Hoffmannsthal) |
La selezione dei colori
Nelle nuove tele di Karen Thomas il colore subisce una selezione non meno drastica della riduzione cui soggiage l’immagine. Le cromíe che arricchivano a profusione le sue tele precedenti cedono lo spazio al giallo, al rosso, al blu, al blunotte, al nero. Gli impressionisti consideravano il nero un non-colore, ma il nero occupa notoriamente un posto d'onore nella storia dell'arte sin dai tempi antichi. Nel De pulchro el de apto, il saggio giovanile andato perduto ma recuperato attraverso altre opere, sant’Agostino diceva che il nero “è bello in rapporto all’insieme”. Tiziano lo aveva trattato in modo magnifico. Odilon Redon lo definiva “il colore più essenziale, l'agente dello spirito". Nel suo studio di Fregene Karen Thomas può ammirare dall'alto il panorama circostante, fra il mare, il cielo e la pineta monumentale, i tramonti giallo oro e porpora o i tramonti rosso fuoco che incendiano l'orizzonte. Ma sotto la sua mano i colori naturali si trasmutano: la sabbia diventa d'un giallo abbagliante, la pineta d’un nero tenebroso, il blu del mare e del cielo d’un blu suo personale, che non è il blu di Picasso, di Matisse o di Yves Klein. E’, se mai, il blu che cercavano i poeti romantici tedeschi, ma che non trovavano di proposito perchè il trovarlo significava l'estinzione del desiderio, che preludeva alla morte. E’ il blu di Novalis, l'autore degli Inni alla notte, per il quale il “fiore azzurro” simboleggiava l’unità magica del visibile e dell'invisibile, l'armonia del cosmo. E’ il blu, il blu-notte di Karen Thomas, che evoca l'ombra, l'imbrunire, l'inquietitudine, la malinconia, la struggente Melancholia di Durer.
![]() (Vittore Grubicy de Dragon)< |
La luce di Karen Thomas
Luce: una parola semplice e breve, ma carica di mistero sin dalla creazione del mondo. E’ costituita da particelle chiamate fotoni, ciascuno dei quali può essere considerato un pacchetto di onde elettromagnetiche. Designa ciò che si può vedere, Ma può essere naturale e artificiale, diurna e notturna, reale e mentale, fisica e metafisica... Per Leonardo era mentale, come lo era per Turner, il pittore che Oscar Wilde citava per sostenere che la natura imita l’arte ( “E' un Turner di un cattivo periodo”, dice in La decadenza della menzogna Vivian, guardando dalla finestra un tramonto stupendo). Per Karen Thomas è fisica, calda, sensuale, come quella dei suoi quadri d'un giallo e d’un rosso fulgenti, pure sorgenti luminose. Ma è anche mentale, psichica, spirituale, luce dell'anima, per usare una locuzione alquanto desueta.
E noto che Monet soleva ripetere lo stesso soggetto dieci o quindici volte per cogliere l'effetto della luce variante e del colore in movimento, e che nelle Ninfee aveva raggiunto una purezza luminosa che anticipava l’astrazione. Karen Thomas, che dipinge direttamente con il colore, con il colore-luce, o con la luce-colore -questa prodigiosa coppia biunivoca che crea la forma, la profondità, il movimento - mira a raggiungere la stessa trasparenza, la stessa purezza luminosa.
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L'enigma della Bellezza.
E’ da tremila anni che si discute della Bellezza, ma ancora non si sa che cosa essa sia. "Che cosa sia la Bellezza io non so” diceva Dürer. "La Bellezza è un enigma” diceva Dostoevskij. "La Bellezza è un mostro che brucia con i suoi occhi di fuoco quel po’ che resta delle sue vittime sacrificali", scriveva Baudelaire. "La Bellezza è semplicemente l'inizio del terribile che molti di noi appena sopportano", affermava Rilke. “Un segreto legame unisce la Bellezza all'Orrore”, sostiene Jean Clair. “Credo che la Bellezza non sia niente", sentenzia Lyotard. Ma per Karen Thomas la Bellezza è un mito reale, antico e moderno. Per un verso, è quella della Venere di Milo, o, specialmente, della Nike di Samotracia, i capolavori da lei visti al Louvre negli anni giovanili: quella Nike senza testa e senza braccia ma alata è per lei il simbolo della condizione esistenziale della donna nel mondo e del suo possibile riscatto. Per un altro verso, è la Bellezza moderna, ambigua e indecifrabile, che rispecchia la realtà scissa, mutevole e sfuggente che ci circonda, e che non può essere resa in arte se non per frammenti, mutilazioni e ferite. Ma la Bellezza resta pur sempre un'àncora di salvezza in un mondo che sembra condannato alla distruzione. "Signori - gridò a tutti l'ateo Ippolit - il principe Myskin afferma che la Bellezza salverà il mondo", si legge nell'Idiota.
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Gli angeli di Karen Thomas
Gli angeli sono un altro dei motivi ispiratori di Karen Thomas, come appare da taluni dei quadri in mostra. Senonchè per lei gli angeli non hanno nulla di tremendo. Essi simboleggiano l’eterna aspirazione degli esseri umani al volo, all'elevazione dello spirito. I suoi angeli sono andati acquistando una leggerezza sempre maggiore, la divina leggerezza decantata da Nietzsche (“Zarathustra era lieve, sempre pronto a spiccare il volo"; “Il bene è leggero, tutto ciò che è divino corre con piedi delicati”; “Pensieri che incedono con passi di colomba guidano il inondo"). Come Walter Benjamin, che aveva portato con sè l'Angelus Novus di Paul Klee per tutta la vita, anche Karen Thomas ha il suo Angelo Custode, anzi i suoi Angeli Custodi, ai quali affida forse incosciamente la mano quando dipinge.
Costanzo Costantini
2013/15